PRIMO PIANO

EDITORIALE

La “giustizia negata” sempre più lontana dal giusto processo

IL TEMA DELLA SETTIMANA La nuova legislatura annuncia riforme importanti anche in tema di giustizia: gli avvocati attendono con fiducia le novità, sempre pronti a collaborare. Remo Danovi, Presidente dell’Ordine degli avvocati di Milano, però mette in guardia su due temi sui quali la categoria intende vigilare. Il primo è quello di assicurare l’effettività del nuovo esame di abilitazione, l’altro è evitare l’aggravamento degli ostacoli per accedere alla giustizia e ottenere pronunce, limitando l’uso sempre più frequente di sanzioni e preclusioni.

GIURISPRUDENZA

Avvocati: giro di vite sulle possibili azioni di responsabilità

È ormai quasi ignorato il disposto dell’articolo 2236 del Cc, a norma del quale  il prestatore d’opera non risponde dei danni, se non in caso di dolo o colpa grave:  la disposizione è applicata  solo nell’ipotesi di prestazione implicante la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, il criterio generale è dunque quello della diligenza media esigibile.

Inadeguata gestione della causa: il legale va condannato in base ai criteri dettati dalla legge Pinto

Anche il colpevole ritardo nella maldestra conduzione della causa va risarcito, e possono all’uopo venire utilizzati i parametri della legge Pinto per calcolare il danno che l’avvocato dovrà corrispondere ai propri clienti, oltre a non poter pretendere alcunché per l’assistenza prestata e restituire gli acconti. Questa la decisione assunta dalla terza sezione con l’ordinanza n. 19147 del 2018.

Può essere un “vulnus” la discrezionalità senza motivazione

Alla fine salta fuori anche un dubbio: non converrà d’ora in poi a tutti - attori o convenuti che siano, tanto ognuno pensa di aver ragione - segnalare a ogni buon conto l’opportunità di condanna di controparte alla sanzione per responsabilità aggravata ex articolo 96 del Cpc, comma 3? Può anche darsi che il giudice l’accolga, a tentare non ci si rimette niente!

Difensore iscritto per errore alla centrale rischi: per quantificare il danno i pregiudizi vanno dimostrati

L'avvocato che si trovi a venire iscritto nella centrale rischi a seguito di notizie non veritiere ha diritto al risarcimento per danni extrapatrimoniali all'immagine. E' pacifico, e lo dà per scontato l'ordinanza Cassazione n. 19137 del 2018 la quale però, quando si tratta di fare i conti di quanto gli spetti, respinge la richiesta e lo condanna alle spese, rimettendosi al giudizio pressoché insindacabile del giudice di merito, a cui avviso erano mancate le prove specifiche del danno sofferto alla sua immagine di avvocato.

Tutela dell’immagine nella libera professione è tema fondamentale

Invano il malcapitato avvocato, nel tentare di evidenziare la lesione alla propria immagine professionale provocata dall’illecita condotta della banca, si era appellato ai vincoli deontologici che disciplinano la propria categoria: la Carta dei principi fondamentali dell’Avvocato Europeo e il Codice deontologico degli avvocati Europei.

Indagini della polizia nella banca dati per vent’anni

In ambito civile rilevante la decisione con cui la Cassazione afferma che per i creditori che lamentano la lunghezza del procedimento fallimentare la data dalla quale calcolare la ragionevole durata, ai fini dell'indennizzo previsto dalla legge Pinto, è quella dell'ammissione al passivo e non della domanda. Per il diritto penale spicca una sentenza in materia processuale, secondo la quale dopo la riforma Orlando del codice di rito, se il Pm fa appello contro un'assoluzione sulla quale ha pesato la scarsa attendibilità di un testimone, il giudice deve rinnovare il dibattimento per riesaminarlo e verificare le nuove prove.

CIVILE

GIURISPRUDENZA

Aziende speciali: per i contratti di somministrazione di servizi non è richiesta e imposta la forma scritta ad substantiam

Svolta delle sezioni Unite sui contratti delle aziende speciali. In ragione della natura imprenditoriale dell'attività svolta da queste imprese costituite da enti territoriali (Comuni o Provincie) ai contratti - salva l'applicazione di speciali discipline per particolari categorie contrattuali (quale, ad esempio, quella del codice dei contratti pubblici) - non è imposta la forma scritta ad substantiam, né sono vietate la stipula per facta concludentia o mediante esecuzione della prestazione ex articolo 1327 del codice civile, ma vige, al contrario, il principio generale della libertà delle forme di manifestazione della volontà negoziale (nella specie, si trattava di un contratto di somministrazione di gas naturale).

Scelta condivisibile senza una normativa specifica in materia

Il principio giuridico affermato dalle sezioni Unite è pienamente condivisibile atteso che, in effetti, non esiste alcuna disposizione che prescriva la forma scritta per i contratti stipulati dalle aziende speciali degli enti locali territoriali. Laddove, infatti, il legislatore ha voluto derogare al principio di libertà delle forme, lo ha detto espressamente.

Il ricorso decorre dalla sottoscrizione del verbale di udienza

Il termine lungo per l’impugnazione decorre dalla sottoscrizione del verbale di udienza, ex lege equiparato alla pubblicazione della sentenza. Resta irrilevante, anche ai fini della tempestività della impugnazione, la successiva - inutile - pubblicazione della motivazione in quanto estranea alla struttura dell’atto processuale ormai compiuto.

PENALE

GIURISPRUDENZA

Detenute per “reati ostativi”: illegittimo escludere l’assistenza esterna ai figli minori di 10 anni

Costituzionalmente illegittimo l’articolo 21- bis della legge 26 luglio 1975 n. 354 nella parte in cui, con riferimento alle detenute condannate alla pena della reclusione per uno dei delitti di cui all’articolo 4- bis , commi 1, 1- ter e 1- quater , della legge n. 354 del 1975, non consente l’accesso all’assistenza all’esterno dei figli di età non superiore agli anni dieci oppure lo subordina alla previa espiazione di una frazione di pena. Lo ha stabilito la Corte costituzionale con la sentenza n. 174 del 23 luglio 2018.

AMMINISTRATIVO

Gli atti con i quali la Pa fissa il contributo di costruzione non hanno natura autoritativa e pubblica

A meno di due anni di distanza da una chiara presa di posizione in tema di contributo di costruzione (cfr. decisione n. 24 del 2016), la plenaria, con la decisione 12/2018, riesamina la materia e, sebbene affrontando un aspetto distinto del vasto campo di questioni applicative dell'istituto disciplinato in via principale dall'articolo 16 del Tu edilizia, giunge a un inquadramento di principio non coincidente con quanto in precedenza statuito: gli atti con i quali la pubblica amministrazione determina e liquida il contributo di costruzione non hanno natura autoritativa, non essendo espressione di una potestà pubblicistica.

La Plenaria di oggi in netto contrasto con la decisione 2016

A meno di due anni da una presa di posizione sul contributo di costruzione, la plenaria riesamina la materia e giunge a un inquadramento diverso da quello precedente: la qualificazione non autoritativa del rapporto e degli atti rischia di minare la costruzione dell’apparato perché può porre in dubbio la sostenibilità della giurisdizione esclusiva del Ga.

COMUNITARIO E INTERNAZIONALE

Elenco di tutti gli argomenti

  1. a

    Avvocato

  2. c

    Circolazione stradale

    Contratto

    Carceri e sistema penitenziario

    Consumatore

  3. e

    Edilizia e urbanistica

  4. f

    Fideiussione

  5. i

    Impugnazioni

  6. l

    Locazioni

  7. p

    Privacy

  8. r

    Reato

    Reati contro il patrimonio

    Reati contro la pubblica amministrazione

  9. s

    Sanzioni

    Successioni e donazioni

    Stupefacenti

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