Danno biologico: a sorpresa per le micropermanenti spunta l’aggiornamento con valori inferiori al 2014
La ricostruzione del Dm Sviluppo sulle micropermanenti
La ricostruzione del Dm Sviluppo sulle micropermanenti
Nel prospetto che segue presentiamo lo sviluppo dei valori relativi alla micropermanenti. L'elaborazione è curata dalla Redazione di Guida al Diritto in base ai parametri indicati dal decreto dello Sviluppo economico
Per la prima volta l’indice economico cala rispetto a quello previsto nel 2014 in ragione del -0,3% dell’ultimo indice Istat. Così, a decorrere dal mese di aprile 2015, il punto base per l’1% di menomazione passa da 795,91 euro a 793,52 euro e il valore giornaliero dell’inabilità temporanea si contrae da 46,43 euro a 46,29 euro.
La rettifica anagrafica per mutamento di sesso non richiede il sacrificio del diritto alla conservazione della propria integrità psico fisica sotto lo specifico profilo dell'obbligo dell'intervento chirurgico inteso come segmento non eludibile dell' avvicinamento del soma alla psiche, giacché l'acquisizione di una nuova identità di genere può essere il frutto di un processo individuale che non ne postula la necessità, purché la serietà ed univocità del percorso scelto e la compiutezza dell'approdo finale sia accertata, ove necessario, mediante rigorosi accertamenti tecnici in sede giudiziale.
La decisione fortemente innovativa, se non addirittura rivoluzionaria rispetto alla precedente impostazione, ritiene che l’interesse pubblico alla definizione certa dei generi, anche considerando le implicazioni che ne possono conseguire in ordine alle relazioni familiari e filiali, non richieda il sacrificio del diritto alla conservazione della propria integrità psico fisica.
IL TEMA DELLA SETTIMANA Si riapre il dibattito sulla legge che colpisce le infiltrazioni mafiose all’interno dei Comuni, fenomeno che in questi anni ha interessato non solo le tre regioni italiane dove le organizzazioni criminali hanno sempre operato con pervasività nei confronti delle amministrazioni periferiche dello Stato, ma anche la stessa Capitale del Paese. Dopo 24 anni di applicazione, appunto, si cerca di superare le rigidità dell’attuale normativa modificando l’impostazione originaria. Per il professor Vittorio Mete - alla luce dei dati - questo tentativo comporta un rischio, cioè quello di confidare nelle sole innovazioni legislative.
Con la legge 18 giugno 2015 n. 101 l’Italia ha colmato un ritardo che la vedeva unico Paese Ue a non aver proceduto alla ratifica della Convenzione sulla competenza, la legge applicabile, il riconoscimento, l’esecuzione e la cooperazione in materia di responsabilità genitoriale e di misure di protezione dei minori, fatta all’Aja il 19 ottobre 1996, nel contesto della Conferenza dell’Aja di diritto internazionale privato.
Il Bel Paese si presenta all’appuntamento come ultima nazione aderente. L’adozione della legge di ratifica e l’esecuzione da parte dell’Italia non è stata, però, priva di problemi e non sono stati pochi gli ostacoli sorti lungo il percorso soprattutto con riguardo alla questione della kafala e ai problemi legati al suo riconoscimento.
Risarcimento ai privati dal dipendente pubblico che nell’esercizio delle sue funzioni viola interessi legittimi. Lo stesso obbligo scatta per l’Anas in caso di incidente causato dal cattivo stato di manutenzione delle strade. La custodia cautelare in carcere, infine, può essere disposta oltre i limiti fissati dal legislatore quando il legislatore ritenga inadeguata ogni misura meno afflittiva. Questi i principali temi affrontati questa settimana dalle varie corti.
Nel giudizio di cassazione, l'illegalità della pena conseguente a dichiarazione di incostituzionalità riguardanti il trattamento sanzionatorio, è rilevabile d'ufficio anche in caso di inammissibilità del ricorso tranne che nel caso di ricorso tardivo.
È di empirico rilievo che l’accordo pattizio intervenuto nella vigenza della legge dichiarata incostituzionale si era formato avendo riguardo ai limiti edittali a quel momento vigenti, con la conseguenza che nulla autorizza a ritenere che sarebbe stato lo stesso in presenza di altri parametri, nel minimo e nel massimo, quali quelli fatti rivivere dalla Corte costituzionale.
Il caso portato dinanzi al Tribunale non poneva in discussione la scelta in sé del legislatore di riduzione del periodo di ferie dei magistrati, ma poteva limitarne notevolmente l’ambito di applicazione. I ricorrenti, magistrati ordinari, avevano impugnato il decreto ministeriale che, tenendo conto della norma primaria, aveva determinato il periodo di ferie, per l’appunto limitandolo a trenta giorni.
La tesi dei ricorrenti - portata davanti al tribunale amministrativo del Lazio - era che la riduzione si applicasse in realtà solo ai magistrati non esercitanti funzioni giudicanti, o comunque «avulse dall’ordinamento giudiziario». Per i restanti, si sarebbe applicato il periodo pieno di quarantacinque giorni.