PRIMO PIANO
EDITORIALE
IL TEMA DELLA SETTIMANA
Il conflitto in atto tra avvocatura e autorità antitrust «non giova a nessuno». Ne sono convinti i professori Marcello Clarich e Giuliano Fonderico, per i quali solo «un approccio meno ideologico potrebbe aiutare a confezionare risposte istituzionali alle sfide della modernità che investono inevitabilmente anche il mondo delle libere professioni. Diritto ed economia devono e possono dialogare. Ma ciò richiede un rinnovamento culturale dell'avvocatura».
PRASSI
Sanzione dell’Antitrust, nuova regolamentazione per le associazioni multidisciplinari e presentazione alla Cassa forense dell’indagine sulla categoria: sono questi gli avvenimenti di rilievo emersi nelle scorse settimane.
L'Antritrust non perde di vista il Cnf. E lo sanziona ancora una volta con quasi un milione di euro. Nel mirino sempre la linea del Consiglio nazionale forense, ostile a permettere agli avvocati di fare pubblicità alla propria attività utilizzando piattaforme digitali e segnatamente un “circuito” telematico ai cui iscritti il legale assicurava sconti sulle prestazioni professionali.
Non si può nascondere il sospetto di un certo accanimento e che, sulla base di un’assunta inottemperanza a una decisione ancora sub iudice e parzialmente riformata, affibbia agli avvocati italiani un’altra botta di quasi un milione di euro. È evidente che anche questa delibera verrà impugnata, e così la saga continua: ci risentiamo alla prossima puntata.
LEGISLAZIONE
In vigore dal 16 marzo scorso il decreto Giustizia 23/2016 che individua le categorie di liberi professionisti iscritti a Ordini e Collegi che possono partecipare alle associazioni tra avvocati
Le regole previste dal decreto del ministero della Giustizia sono in vigore dal 16 marzo scorso. Il provvedimento stabilisce l’esclusione dalla partecipazione alle associazioni multidisciplinari tra avvocati degli appartenenti alle cosiddette “professioni non organizzate” di cui alla legge 14 gennaio 2013 n. 4.
GIURISPRUDENZA
La Cassazione ha già dovuto richiedere l'intervento delle Sezioni Unite (penali) per risolvere delicati nodi ermeneutici, generati dall'innesto del Dlgs. n. 7 del 2016 nell'Ordinamento. .
Il secondo caso è affrontato dalla sentenza n. 7125 del 2016. Due coniugi avevano illegittimamente occupato lo spazio parcheggio di una coppia di persone dimoranti nello stesso stabile, nell'ambito di un più ampio disegno criminoso volto a molestare e intimidire la cennata coppia di condomini al fine di costringerli a vendere l'appartamento di loro proprietà sito nello stabile di comune residenza. Gli autori delle condotte illecite venivano condannati, tra l'altro, anche per il delitto di ingiuria. Esauriti i gradi di merito, gli imputati ricorrevano in Cassazione contro la pronuncia a loro sfavorevole.
Il caso affrontato dalla sentenza n. 7124 del 2016 è relativo a un agente di una società per azioni (con cui aveva in corso un contratto) aveva falsificato le firme dei soci in calce ad alcune fideiussioni provocando un nocumento patrimoniale a taluni soggetti privati, costituitisi parti civili. La società per azioni era stata condannata in sede penale per il reato di falso in scrittura privata, ai sensi dell'articolo 485 del Cp, in qualità di responsabile civile (in solido con l'imputato). Esauriti i gradi di merito, la sola società, in virtù della sua qualifica, aveva fatto ricorso in Cassazione. Da qui il giudizio della Suprema Corte, portato dalla sentenza n. 7124 del 2016
Una soluzione salvifica potrebbe essere quella di interpretare le norme del Dlgs n. 7 del 2016 nel senso che il giudice penale, in caso di degradazione della violazione penale in illecito civile, resta competente per il risarcimento del danno e la sanzione civile da applicare contestualmente, ma la tesi non è condivisa dall’Ufficio del massimario della Cassazione.
Dalla guida sotto effetto di droghe, passando per la strumentalità del bene utilizzato dal legale per la sua attività professionale, fino ad arrivare alla regolarizzazione postuma del Durc: sono questi i temi all’attenzione delle diverse Corti della Penisola.
CIVILE
GIURISPRUDENZA
In tema di risarcimento diretto dei danni derivanti dalla circolazione stradale sono comunque dovute le spese di assistenza legale sostenute dalla vittima in sede stragiudiziale perché il sinistro presentava particolari problemi giuridici, ovvero quando essa non abbia ricevuto la dovuta assistenza tecnica e informativa dal proprio assicuratore.
Appare irragionevole un differente trattamento del danneggiato mediante la previsione di un divieto normativo perentorio di conseguire il rimborso delle spese legali da parte della propria compagnia assicurativa a differenza di quanto avverrebbe nella procedura tradizionale, poiché tale divieto finisce per disincentivare il ricorso all’indennizzo diretto.
In caso di risarcimento del danno per morte di un congiunto in un sinistro stradale va riconosciuto al marito e ai figli il pregiudizio per il mancato apporto in futuro dell'attività di casalinga della defunta nel compendio familiare, senza alcuno svilimento di tale figura e con riferimento alle incombenze di natura prettamente materiale quali la cura e la pulizia della casa che debbono essere svolte con l'impiego di una colf. Verosimilmente deve ritenersi che tale pregiudizio sia limitato nel tempo, stante il prevedibile raggiungimento di autonomia dei figli in corrispondenza della fine del periodo di studi.
Il danno va esaminato non con riguardo alla somma che presumibilmente la donna apportava alla comunione familiare, poiché parte di questa era destinata a consumi, ma con riferimento solo al contributo economico prestato dalla persona per quelle voci della gestione familiare non sostituibili a seguito del decesso.
AMMINISTRATIVO
GIURISPRUDENZA
Alle imprese che partecipano alle gare d’appalto non sono consentite regolarizzazioni postume della posizione previdenziale, dovendo l'impresa essere in regola con l'assolvimento degli obblighi previdenziali e assistenziali fin dalla presentazione dell'offerta e conservare tale stato per tutta la durata della procedura di aggiudicazione e del rapporto con la stazione appaltante, restando dunque irrilevante, un eventuale adempimento tardivo dell'obbligazione contributiva.
La possibilità di regolarizzare successivamente la posizione contributiva finirebbe per consentire a una impresa di partecipare alla procedura senza preoccuparsi dell’esistenza a proprio carico di una tale irregolarità contributiva, potendo essa confidare sulla facoltà di sanare il proprio inadempimento in caso di aggiudicazione.