PRIMO PIANO
EDITORIALE
IL TEMA DELLA SETTIMANA
Le novità principali contenute nel decreto legge 14/2017 sulla sicurezza urbana si fermano alle intenzioni. Secondo il professore Roberto Cornelli gli enti locali non sono chiamati ad affrontare concretamente problemi di convivenza o di conflittualità sull’uso degli spazi, di degrado, di esclusione sociale e di marginalità. Nel decreto Minniti l'orizzonte dell’intervento dei sindaci è definito da approcci, da strumenti e da finalità che vincolano il Comune ad agire nel solco di quel diritto amministrativo punitivo prefigurato dai pacchetti sicurezza Maroni: le ordinanze infatti sono strumenti poco appropriati per garantire la sicurezza dei diritti di tutti.
LEGISLAZIONE
Pubblicato sulla “Gazzetta Ufficiale” il decreto legge 20 febbraio 2017 n. 14 sulle «Disposizioni urgenti in materia di sicurezza delle città». Un pacchetto di misure che ha l'obiettivo di potenziare l'intervento degli enti territoriali e delle forze di polizie nella lotta al degrado delle aree urbane, con un approccio che privilegia il coordinamento delle forze e la programmazione di interventi integrati.
Un viaggio nella nuova governance della sicurezza, che oggi assume la dizione di «sicurezza integrata»: ecco le disposizioni commentate del decreto legge 14/2017
Sarebbe ingiusto negare che, questa volta, l’approccio al tema della sicurezza appare più articolato e meno proteso alla definizione di semplici misure “manifesto” capaci di sedare per poco le preoccupazioni della pubblica opinione. Il tandem tra decreto sicurezza e decreto immigrazione (Dl 13/2017) assegna, innanzitutto, un ruolo centrale agli apparati della prevenzione.
Il Dl detta diverse novità in una materia la cui delicatezza non l’ha preservata dallo spalmarsi delle competenze fra diversi livelli amministrativi. Il testo segue di pochi giorni quello che, percorrendo la stessa strada della decretazione d’urgenza, ha interessato il tema del contrasto all’immigrazione illegale.
La generalità della definizione e delle finalità è declinata attraverso norme dirette al coordinamento fra diversi livelli territoriali. Se il pluralismo di competenze non è stato sempre in grado di garantire la certezza del diritto per tutti i consociati, il testo attribuisce grandi speranze nei nuovi strumenti di governance della sicurezza, in specie urbana.
Ammessa l’adozione da parte del Sindaco di ordinanze extra ordinem in qualità di ufficiale del Governo in una serie di ulteriori casi: per prevenire e contrastare le situazioni che favoriscono l’insorgere di fenomeni criminosi o di illegalità, quali lo spaccio di stupefacenti, lo sfruttamento della prostituzione, o l’accattonaggio con impiego di minori e disabili.
Presupposti del nuovo provvedimento sono la sussistenza di una condanna per reati in materia di stupefacenti commessi in locali pubblici e l’indicazione delle ragioni di sicurezza da esplicitare nella motivazione. La durata del divieto è compresa fra uno e cinque anni e l’ordine può estendersi allo stazionamento nelle immediate vicinanze dei luoghi.
Si vogliono perseguire più incisive forme di coordinamento tra Stato, Regioni, Province autonome, Enti locali nonché altri soggetti istituzionali (tra questi il Prefetto e il Questore; ma anche, sotto alcuni profili, la stessa magistratura penale) per realizzare un sistema unitario e integrato di sicurezza per il benessere delle comunità territoriali.
Oltre al Daspo nei luoghi pubblici, il questore può disporre altre misure, ad esempio l’obbligo di presentarsi almeno due volte a settimana presso il locale ufficio della Polizia; il divieto di allontanarsi dal comune di residenza e l’obbligo di comparire in un ufficio o comando di polizia negli orari di entrata e uscita delle scuole.
GIURISPRUDENZA
Dalle sentenze straniere sulla filiazione, passando per il lavoro, fino ad arrivare alla condanna all’Italia sulla violenza domestica: sono queste i temi all’attenzione delle Corti della Penisola
CIVILE
GIURISPRUDENZA
L'assenza di un legame genetico fra due minori e il padre non biologico non rappresenta un ostacolo al riconoscimento del rapporto di filiazione accertato dal giudice straniero, dovendosi escludere che nel nostro ordinamento vi sia un modello di genitorialità esclusivamente fondato sul legame biologico fra il genitore e il nato.
L'ordinanza della Corte d’appello di Trento ha suscitato clamore soprattutto perché il giudice straniero era giunto a dichiarare il rapporto di filiazione fondandolo non sul legame genetico bensì sulla relazione “sociale” instaurata sin dalla nascita tra i bambini e il coniuge semel sex del loro padre biologico.
Ammessa la trascrizione, nei registri dello stato civile italiano, degli atti di nascita di due gemelli, figli di padri diversi, partoriti all'estero dalla stessa donna. Lo ha stabilito la Corte di appello di Milano con il decreto 3990/2016.
I giudici d’appello osservano quindi che («contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di primo grado») la dicitura “twin”, cioè gemello, indicata negli atti di nascita, «non vale ad attribuire nessun rapporto di fratellanza tra i due bambini»; essa indica piuttosto - si legge nel decreto - «la nascita contemporanea....».
PENALE
GIURISPRUDENZA
L'appello è inammissibile per difetto di motivazione quando non risultano enunciati i rilievi critici. Ecco le motivazioni delle sezioni Unite espresse con la sentenza n. 8825 depositata il 22 febbrario 2017.
La Corte mostra di non gradire l’idea che l’esigenza di specificità del motivo debba essere valutata in sede di appello con minor rigore rispetto al giudizio di legittimità. Questa affermazione è ineccepibile: l’assunto del «minor rigore nella valutazione» o della «valutazione meno stringente», sviluppato da alcune pronunce di legittimità, non è condivisibile.
AMMINISTRATIVO
L'impresa italiana si può aggiudicare la gara utilizzando veicoli prodotti da paesi aderenti all'Unione europea, nonché a quelli stabiliti nei Paesi firmatari dell'accordo sugli appalti pubblici o in Paesi che consentono la partecipazione agli appalti pubblici alle medesime condizioni delle imprese italiane. Lo ha stabilito il Tar di Bologna con la sentenza n. 126 del 2017.
L’applicazione di norme rientra nella discrezionalità della stazione appaltante, che può decidere di autovincolarsi e assoggettarsi al sub-procedimento di verifica dell’anomalia dell'offerta. L’attuazione di queste regole è quindi esclusa se la legge di gara non richiama alla procedura di valutazione dell’anomalia dell’offerta.