PENALE
IL TEMA DELLA SETTIMANA
Il nuovo reato di autoriciclaggio (legge 186/2014), le determinazioni dell’Autorità anticorruzione del 2015, le novelle in tema di appalti (Dlgs 50/2016) e il documento elaborato dal Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili del giugno 2016 costituiscono gli ultimi approdi cui conformare i sistemi 231 che la Guida esamina nei tratti peculiari.
Dalla parte prima alla quarta: tutti gli argomenti trattati e analizzati nella monografia.
Sulla natura giuridica della responsabilità degli enti si sono innestate negli anni molteplici discussioni che hanno dato vita a due distinti orientamenti dottrinali. A fronteggiarsi sono la tesi che definisce la responsabilità degli enti come amministrativa a quella che invece ne ravvisa tutti i canoni per poter essere considerata una responsabilità penale.
L'autore materiale del reato deve essere compreso tra le persone che rivestono funzioni di rappresentanza, amministrazione o di direzione dell'ente o tra coloro che siano sottoposti alla loro direzione o alla vigilanza. È necessario inoltre compiere una valutazione riguardo la concreta esistenza di un interesse o di un vantaggio realmente perseguito.
Se il fatto illecito è stato commesso dai soggetti apicali la società non assume alcuna forma di responsabilità se prova che ha adottato ed efficacemente attuato modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati. In presenza di un efficace sistema di controllo, il delitto viene dunque commesso eludendo le misure di prevenzione.
Ecoreati, autoriciclaggio, reati contro la pubblica amministrazione e nuova corruzione tra privati: sono le quattro riforme che hanno inciso profondamente sull’elenco dei reati-presupposto inclusi nel Dlgs 231/2001. Le modifiche alle singole fattispecie penali condizioneranno le valutazioni del giudice sull’eventuale responsabilità penale della società.
Alla luce delle modifiche delle fattispecie corruttive le società hanno dovuto aggiornare il proprio sistema di gestione dei rischi inerenti alle attività aziendali più esposte alla commissione di reati contro la pubblica amministrazione. Nell’elaborazione del modello quindi si sono adeguate alle indicazioni fornite dall’Anticorruzione.
La riformulazione nasce dall’esigenza di reprimere il fenomeno corruttivo non solo se commesso nei confronti della pubblica amministrazione, ma anche se realizzato tra privati, sul presupposto che tali condotte illecite comportino sempre più di frequente un ingente danno al buon andamento delle operazioni commerciali.
Con l’introduzione dell’autoriciclaggio, fatta dalla legge 186/2014, si è data risposta all’esigenza che era sorta da tempo di rivedere l’impianto normativo-sanzionatorio volto a reprimere le possibili azioni criminose che rimettono in circolazione denaro “sporco” proveniente dalla previa commissione di delitti non colposi.
È stato introdotta nell’articolo 25- undecies
del Dlgs 231/2001 la responsabilità penale dell’Ente per i reati di inquinamento e disastro ambientale, anche in forma colposa, per il delitto di traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività e sono state previste le circostanze aggravanti dell’articolo 452- octies del codice penale.
Secondo la dottrina, il vero pericolo sarebbe stato, in realtà, quello di ascrivere all’ente responsabilità di tipo oggettivo in violazione, quindi, del contenuto dell’articolo 27 della Costituzione, tanto più che i criteri di imputazione di tipo psicologico non potevano adattarsi agli enti.
La Suprema corte ha chiarito il contesto in cui si cala il nuovo istituto.
L’ente partecipa al procedimento penale tramite il proprio rappresentante legale, che conferisce il mandato difensivo nelle forme di legge a un difensore tecnico. Peraltro, se il rappresentante legale fosse a sua volta imputato del reato presupposto sorgebbe un conflitto di interessi
tra lui e il rappresentato.
I diritti di difesa, eccetto gli atti personalissimi, possono essere esercitati i
n qualunque fase del procedimento
dal difensore nominato d’ufficio o semplicemente dall’ente.
Solo così l’azienda ha il potere di difendersi contro eventuali atti imprevedibili, urgenti o a sorpresa del Pm nel caso in cui non abbia ancora ricevuto l’informazione di garanzia.
Il Pm, nel richiedere la misura cautelare, dovrà dimostrare la ricorrenza non solo dei presupposti tipici della stessa (gravi indizi di responsabilità dell’ente e periculum in mora ), ma anche di almeno una delle condizioni richieste dall’articolo 13 del Dlgs n. 231 per l’applicazione delle sanzioni interdittive.
La finalità del sequestro preventivo non è quella di impedire l’aggravamento delle conseguenze del reato o la commissione di altri reati, ma è volta in via esclusiva ad assicurare la futura confisca. Quanto all’altro requisito del fumus commissi delicti , si ritiene che esso sia rappresentato dalla probabilità che si giunga a una sentenza di condanna.
Si deve concludere che l’assoluzione dell’imputato persona fisica per la particolare tenuità del fatto vada a escludere la possibilità di procedere nei riguardi dell’ente. È ragionevole pensare che l’azienda, nel cui interesse o vantaggio è stato commesso il reato, non sia responsabile quando il delitto-presupposto presenti un grado di offensività modesto.
Il Dlgs n. 231 delinea un regime prescrizionale dell’illecito amministrativo dell’ente diverso e del tutto peculiare rispetto quello stabilito dal legislatore penale per i reati presupposto. In tale ottica, l’articolo 22, comma 1, stabilisce che le sanzioni amministrative si prescrivono nel termine di cinque anni dalla data di consumazione del reato.
Proprio l’espressione «efficacemente attuato», prevista dalla normativa, sottende la necessità della formazione, dal momento che ha un contenuto molto ampio, che prevede anche la necessità che i dipendenti di un ente, dotato di un modello organizzativo, debbano essere adeguatamente addestrati.
Rimane, in ogni caso, fondamentale un maggiore e proficuo coordinamento tra l'attività svolta dall’Organismo di vigilanza e quella degli altri organi di controllo interno – e in particolare del collegio sindacale – da realizzarsi attraverso frequenti scambi di informazioni, esiti di controlli e audit, per perseguire l’obiettivo della prevenzione dei crimini d’impresa.
La normativa, modificando l’articolo 6 della 231, ha introdotto un nuovo requisito ai fini dell’idoneità del Modello di gestione del rischio e della sua efficace attuazione. Il giudice infatti dovrà valutare anche la sussistenza dei canali di segnalazione predisposti dall’ente e la loro concreta ed efficace operatività
.
Gli organi e i soggetti destinatari della direttiva sono tenuti a comunicare alle autorità di vigilanza di settore tutti gli atti o i fatti di cui vengono a conoscenza nell’esercizio dei propri compiti, che appaiono sospetti e possono costituire una violazione delle disposizioni
del decreto antiriciclaggio.
Con l’introduzione nel Dlgs 231/2001 dell’articolo 25- septies , il legislatore ha esteso la responsabilità amministrativa degli enti anche per le ipotesi di omicidio colposo (articolo 589 del Cp)
e
lesioni personali colpose gravi o gravissime (articolo 590 del Cp) commessi con violazione delle nor
me antinfortunistiche e sulla tutela dell’igiene e della salute sul lavoro.
Occorre valutare se la condotta, consistente nella violazione delle disposizioni poste a tutela della sicurezza del lavoro, sia stata posta in essere nell’interesse dell’ente o gli abbia arrecato un vantaggio in termine di beneficio economico inteso come risparmio di costi e diminuzione dei tempi di esecuzione delle prestazioni.
Il Pm contestava al principale imputato, amministratore delegato della società, di essere stato al corrente delle gravi carenze nelle misure di sicurezza dello stabilimento torinese, ma di avere comunque deciso di non effettuare i lavori di adeguamento in vista del successivo trasferimento dell’impianto presso la sede di Terni.
La normativa sulla sicurezza lavoro ha chiarito che i Modelli di organizzazione e gestione devono ritenersi efficacemente attuati solo nel caso in cui hanno come obiettivo anche la corretta e diligente attività di valutazione dei rischi della lavorazione e la predisposizione delle protezioni conseguenti.
Risponde il titolare che non ha procurato lo strumentario di sicurezza necessario a prevenire eventi lesivi nel corso della prestazione lavorativa , ciò dal momento che il diritto alla salute del lavoratore non può ammettere lacune di tutela imputabili a cause indipendenti dalla volontà di chi ha la posizione di garanzia.
La delega va eseguita in forma scritta, con una data di compilazione, deve essere accettata dal delegato, vanno indicati con chiarezza i poteri delegati: il delegato ha un ruolo di competenza tecnica non generica, necessaria a svolgere il suo compito, e inoltre deve contenere un potere di spesa in relazione alle funzioni conferite.
L e fonti di stress negli ambienti di lavoro sono generalmente ricondotte a due categorie: quella inerente il contesto lavorativo e quella inerente, invece, le attività. In tutte e due le situazioni i sintomi sono i medesimi e il rischio di incidente può anche essere grave. E questo tipo di “pressione” produce danni non solo al dipendente ma anche all’azienda.
La riforma ha introdotto una nuova fattispecie che prescinde da comportamenti violenti, minacciosi o intimidatori. È stata così colmata una lacuna della precedente normativa. Ora la violenza o la minaccia rappresentano un’aggravante. Nuova anche l’attenuante per chi collabora con la giustizia.