PRIMO PIANO
EDITORIALE
Con la presentazione nelle scorse settimane del «Rapporto sull'Avvocatura 2022» - scritto a quattro mani dalla Cassa forense e dal Censis - è stato confermato in modo chiaro e documentato il forte malessere della categoria degli avvocati. L'effetto combinato del Covid e della guerra in Ucraina e le pregresse difficoltà legate alla modernizzazione del settore hanno messo in crisi la sostenibilità del sistema dei servizi legali. Su questi importati temi e sulle strategie di rilancio del comparto ospitiamo l'intervento del presidente della Cassa Valter Militi.
GIURISPRUDENZA
L'automatica attribuzione del solo cognome paterno "si traduce nell'invisibilità della madre" ed è il segno di una diseguaglianza fra i genitori, che "si riverbera e si imprime sull'identità del figlio". Ciò comporta la contestuale violazione degli articoli 2, 3 e 117, primo comma, della Costituzione, quest'ultimo in relazione agli articoli 8 e 14 della Convenzione europea dei diritti dell'Uomo.
La Consulta prende atto con la sentenza del 31 maggio 2022 n. 131 che: «A fronte dell'evoluzione dell'ordinamento, il lascito di una visione discriminatoria, che attraverso il cognome si riverbera sull'identità di ciascuno, non è più tollerabile»
Rimane comunque indispensabile l'intervento del legislatore, richiamato dalla stessa Consulta, finalizzato a impedire che il numero dei cognomi aumenti in proporzione geometrica di generazione in generazione che sarebbe lesivo della funzione identitaria del cognome
Settimana nelle corti monopolizzata dalla sentenza n. 131/2022, che nel chiarare l'incostituzionalità di alcune norme del Cc, della legge 184/1983, e del Dpr 396/2002, ha affermato la legittimità del doppio cognome paterno e materno abbandonando un principio ormai avvertito come discriminatorio e subìto dalla madre impossibilitata, dall'antica consuetudine, di attribuire il solo cognome paterno al figlio legittimo o naturale, congiuntamente riconosciuto da ambedue i genitori
CIVILE
GIURISPRUDENZA
L’avvocato ha diritto al compenso anche se ha agito in giudizio nonostante la sospensione dall’esercizio professionale , e se proprio perciò abbi a perso la causa. Così la conclusione cui giunge l’ordinanza n.15565 del 20 22 della Cassazione.
Lascia stupiti la conclusione cui giunge l’ordinanza n.15565 del 20 22, ma per comprenderla bene occorre seguire un bizzarro percorso di anomalie, fra retrodatazione del provvedimento disciplinare, non veritiera attestazione dell’esercizio professionale e preclusioni nell’ambito del giudizio di legittimità.
PENALE
GIURISPRUDENZA
La richiesta di modifica della misura cautelare personale va notificata anche al difensore della parte offesa o, in assenza del difensore alla stessa parte offesa. Di conseguenza in caso di morte della parte offesa la notifica va eseguita ai congiunti eredi pena l'inammissibilità della domanda. Così le sezioni Unite con sentenza 17156/2022.
Le Sezioni Unite, sposando il criterio letterale e l'intenzione del legislatore, accolgono l'orientamento più restrittivo e garantista per l'imputato, ricollegando la necessità di provvedere alla notifica della richiesta de libertate alla persona offesa, a pena della sua inammissibilità, a condizione che questa nominato difensore o dichiarato o eletto domicilio. In questi ultimi casi, qualora la vittima sia deceduta, la notifica va effettuata ai suoi prossimi congiunti o a chi non essa conviveva stabilmente
La sentenza della Cassazione è di interesse perché coglie esattamente il discrimine tra il reato di cui all'articolo 603-bis del Cp (che punisce lo sfruttamento del lavoratore con approfittamento del suo stato di bisogno) e quello di cui all'articolo 22, comma 12-bis, lettera c), del decreto legislativo 25 luglio 1998 n. 286 (dove si prevede l'ipotesi dell'occupazione di lavoratori stranieri privi di permesso di soggiorno o con permesso scaduto aggravata dalle particolari condizioni di sfruttamento di cui al comma 3 dell'articolo 603-bis del Cp).
La sentenza della Cassazione è di interesse perché coglie esattamente il discrimine tra il reato di cui all’articolo 603- bis del Cp (che punisce lo sfruttamento del lavoratore con approfittamento del suo stato di bisogno) e quello di cui all’articolo 22, comma 12 bis , lettera c) , del decreto legislativo 25 luglio 1998 n. 286 (dove si prevede l'ipotesi dell'occupazione di lavoratori stranieri privi di permesso di soggiorno o con permesso scaduto aggravata dalle particolari condizioni di sfruttamento di cui al comma 3 dell'articolo 603- bis del Cp).
AMMINISTRATIVO
Il legislatore non ha introdotto un preventivo vaglio di affidabilità fiscale, né alcun parametro di adeguatezza patrimoniale, per ottenere l'autorizzazione a operare come trader di prodotti energetici, bensì ha previsto requisiti che danno diritto all'identificazione, e codificato singole cause di sospensione o diniego dell'autorizzazione. Il Tar Umbria (sentenza 332/2022) ha così annullato il provvedimento dell'Ufficio delle Dogane di Perugia che aveva rigettato l'istanza, formulata da una società ternana, di rilascio dell'autorizzazione a operare come trader di prodotti energetici).
L'autorizzazione per svolgere l'attività di trader di prodotti energetici stoccati in regime sospensivo presso i depositi di terzi risulta subordinata al riconoscimento, da parte dell'autorità doganale, dei requisiti legali, tra i quali non compare né l'affidabilità fiscale né l'adeguatezza patrimoniale.
COMUNITARIO E INTERNAZIONALE
Con la sentenza depositata il 19 maggio 2022, nel caso T.C. contro Italia (ricorso n. 54032/18), la Corte europea dei diritti dell’uomo è intervenuta su una nuova questione relativa alle scelte dei genitori circa l’educazione religiosa dei figli, con riguardo alla composizione di divergenze tra i due genitor