CIVILE
LA QUESTIONE La sentenza del Tribunale di Rimini offre numerosi spunti di riflessione sul tema delle molestie e delle discriminazioni sul luogo di lavoro, collocandosi nel panorama giurisprudenziale tracciato dalla decisione delle Sezioni Unite della Cassazione n. 16601/2017, che apre le porte dell'ordinamento nazionale all'istituto di matrice statunitense del "danno punitivo".
L'ANALISI DELLA DECISIONE Nei giudizi per molestie sessuali sul luogo di lavoro, nel momento in cui si appresta a quantificare il danno non patrimoniale risarcibile in caso di discriminazione, il giudice nazionale deve determinarlo in una misura idonea a soddisfare la funzione non solo ripristinatoria, ma anche dissuasiva del rimedio.
LA QUESTIONE In ordine all'utilizzabilità delle conversazioni a mezzo "whatsapp", non si è rilevata alcuna violazione della disciplina sulla privacy, stante il principio per cui l'esercizio del diritto di difesa prevale sulle esigenze di riservatezza, sempre che i dati siano trattati esclusivamente per tali finalità e per il periodo strettamente necessario al loro perseguimento.
L'ANALISI DELLA DECISIONE Il Giudice di primo grado, nella sentenza in commento, ha espressamente chiarito la legittimità dell'acquisizione di conversazioni avvenute tra dipendenti via whatsapp, da ritenersi riproduzione meccanica idonea a provare i fatti posti a fondamento del provvedimento espulsivo nei confronti del lavoratore.
PENALE
LA QUESTIONE Nel novero della cosa mobile di cui all'art. 624 c.p. rientra anche l'energia elettrica; pertanto, il suo uso senza un regolare contratto, oppure tramite la manomissione dei cavi o del contatore, integra gli estremi del reato di furto.
L'ANALISI DELLA DECISIONE La sentenza interviene sul tema della qualificazione giuridica dell'illecito della sottrazione di energia elettrica tra furto aggravato e truffa aggravata, sostenendo la tesi, consolidatasi a fronte di orientamenti contrastanti, secondo la quale, non ravvisandosi nella fattispecie il consenso dell'ente erogatore dell'energia elettrica, il reato deve essere configurato come furto.
LA QUESTIONE Appare improprio,qualificare la fattispecie di cui all'art. 256, comma 1, T.U. Ambiente come reato proprio, il cui soggetto attivo può essere individuato soltanto nei soggetti operanti in forme imprenditoriali. Non è la astratta qualifica soggettiva, bensì la condotta concretamente posta in essere di gestione abusiva di rifiuti a rilevare ai fini dell'applicabilità della fattispecie in oggetto.
L'ANALISI DELLA DECISIONE Il reato di attività di gestione di rifiuti in assenza di autorizzazione, previsto dal D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 1, non ha natura di reato proprio integrabile soltanto da soggetti esercenti professionalmente una attività di gestione di rifiuti, ma costituisce un'ipotesi di reato comune che può essere pertanto commesso anche da chi svolge attività di gestione dei rifiuti in modo secondario o consequenziale all'esercizio di una attività primaria diversa.
AMMINISTRATIVO
LA QUESTIONE Il regolamento comunale impugnato deve essere annullato nella parte in cui vieta l'utilizzo di ogni tipo di petardi, botti, fuochi d'artificio e articoli pirotecnici in genere, in contrasto con le disposizioni nazionali ed euro-unitarie vigenti, che non posnno essere modificate a livello locale.
L'ANALISI DELLA DECISIONE Il Collegio bresciano ha ritenuto sproporzionata ed illegittima la misura adottata da un ente locale che, nel proprio regolamento, ha previsto un assoluto divieto di far esplodere ogni tipologia di prodotto pirotecnico, prevedendo altresì la responsabilità dei trasgressori, valutabile come maltrattamento e condotta lesiva nei confronti degli animali, ai sensi dell'articolo 544 ter c.p. Il divieto, infatti, si riferiva in maniera del tutto generica agli articoli pirotecnici, considerandoli tutti egualmente dannosi, senza tenere conto delle diverse categorie e delle classificazioni descritte dalle menzionate disposizioni comunitarie e nazionali.
LA QUESTIONE La pronuncia del Consiglio di Stato ha ad oggetto la vexata quaestio iuris relativa alla fattispecie, tipizzata nel corpus del previgente Codice dei Contratti Pubblici, dell'automatica escussione della garanzia provvisoria, in specie nell'ipotesi di un operatore economico escluso da una procedura di gara, già destinatario, in relazione alla medesima condotta, di altra sanzione irrogata da altra competente autorità.
L'ANALISI DELLA DECISIONE Nella pronuncia in esame il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea, per le controversie pendenti in vigenza dell'abrogato Codice dei Contratti Pubblici (D.lgs. n. 163/2006), è volto ad accertare la compatibilità con i principi europei di libera circolazione e libertà di stabilimento di un impianto funzionalizzato all'ammissione di un duplice profilo: il primo relativo all'automatismo nell'incameramento delle cauzioni provvisorie di un operatore escluso dalla procedura di gara, indipendentemente dalla circostanza che lo stesso provochi un vero e proprio vulnus dei principi di proporzionalità nell'applicazione della sanzione; il secondo, afferente a tale automatismo dell'escussione anche nei in casi in cui l'operatore economico sia già stato sanzionato, quale effetto di una medesima condotta, in altro procedimento connesso, per manifesto contrasto con il principio del ne bis in idem di cui agli artt. 4, Protocollo 7, della CEDU e 50 della Carta di Nizza.